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*Racconti d'inverno / Karen Blixen ; traduzione di Adriana Motti

pubblicazione   Milano : Adelphi, 1993
descrizione   319 p. ; 20 cm.
serie   Gli Adelphi ; 44


Karen Blixen finì di scrivere questi Racconti d’inverno nel 1942, quando due suoi libri – le Sette storie gotiche e La mia Africa – erano già stati accolti trionfalmente nel mondo. La Danimarca era allora sotto l’occupazione tedesca, così la Blixen dovette portare il manoscritto all’ambasciata inglese a Stoccolma, perché lo spedissero negli Stati Uniti. Come garante, diede il nome di Churchill. Seppe del loro grande successo solo verso la fine della guerra, quando cominciò a ricevere molte lettere di soldati americani, che avevano letto il libro nell’edizione per l’esercito. Da allora, sempre più numerosi sono i lettori che hanno visto reincarnarsi in lei quel «piccolo personaggio profondo e pericoloso, ben solido, vigile e spietato» che è «il novelliere di tutti i tempi». Al pari di un suo personaggio, la Blixen «narrava le sue storie, anche le più strane, come se le avesse viste accadere coi suoi occhi, e non è affatto escluso che così fosse». E guardava alla sua opera, da tessitrice inarrestabile, come a una sterminata sequenza di racconti intrecciati. Così questi Racconti d’inverno rimandano punto per punto alle Sette storie gotiche e insieme alle narrazioni successive. Ma allo smalto del primo libro, a quella «luminescenza sulfurea» che vi avrebbe notato un’altra grande scrittrice, Carson McCullers, fa seguito qui una nebbia sognante, un perdersi degli orizzonti, uno slancio migratorio fra boschi, ghiacci e acque. Su questi sfondi, vibranti di malinconia, si distaccano le variegate figure chiamate volta a volta a giocare quel Gioco degli Opposti che è la perenne ossessione della Blixen. I destini dei suoi personaggi si rovesciano continuamente come guanti, ma non potremo mai dire quale ne è il rovescio e quale il diritto. Desiderio e realtà, schiavo e padrone, uomo e donna, scrittore e lettore, fedeltà e tradimento, onore e vergogna si alternano e mutano senza tregua di abito, come le due deliziose sorelle che, in uno di questi racconti, si presentano, a turno, l’una come lo chaperon dell’altra in sontuosi alberghi delle località termali. Così, ogni racconto segna una memorabile tappa di quel Gioco, che rimane ogni volta sospeso. E così non potrebbe non essere, perché in tutte le sue metamorfosi esso rimanda a un’opposizione irrisolvibile. Infatti, come dice l’ultimo e il più misterioso personaggio di questo libro, «la Vita e la Morte sono due scrigni serrati, ognuno dei quali contiene la chiave dell’altro».
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