Nell'ospedale da campo 129, nelle immediate retrovie del Gebel durante la campagna di Libia italo-inglese, la guerra ha un aspetto poco avventuroso. Vi sono le paure e le meschinità di sempre, il piccolo cabotaggio delle ripicche politiche tra ufficiali fascisti e antifascisti. Ma per il tenente Alfredo e la bella infermiera Dedé Ludovisi la guerra è soprattutto una ferrea disciplina militare che costringe la loro avvampante passione a una scherma faticosa e crudele: nessun incontro è possibile, nessun contatto, in quel piccolo universo umano isolato nel deserto. Solo estenuanti occhiate, parole furtive, ansiose strette di mano vissute nel continuo timore di rivelare i propri sentimenti: il regolamento sarebbe implacabile. Questo amore bellissimo, pieno e maltrattato, reso quasi folle dalla esasperazione del proibito, può esplodere finalmente quando i due giovani rientrano in Italia. Potrebbero comunicare a piacere, tenersi fra le braccia, e invece ha inizio un sorprendente distacco. Smesse le divise, Alfredo e Dedé si ritrovano in due mondi tra loro distanti. Nella bella villa dei Ludovisi il tenente si sente a disagio, le sue aspirazioni di medico e di poeta non trovano, in quel mondo elegante e un po' vuoto, una loro accettabile collocazione. Ma è Dedé a scomparire, anche se più tardi cercherà di tornare da lui. L'abbandono è triste, la ferita profonda, ma gli eventi dell'imprevedibile finale ne riscatteranno il significato nella prospettiva di due intere esistenze.